sabato 29 marzo 2014

La Russia leader dei paesi anti-atlantici e la nascita di un G8 alternativo

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di Giuliano Peretti
 
La Russia ha vinto. Putin ha vinto.
Il discorso lucidissimo del Presidente alla Duma di Stato della scorsa settimana sulla “questione Crimea” ha chiarito un concetto fondamentale: l’Europa e l’Unione Europea sono i soggetti passivi dello scacchiere internazionale e non posseggono risposte adeguate contro la propria disgregazione politica. Intere regioni scelgono di fuggire dall’Euro e dall’Unione adottando la visione politica del gigante euro-asiatico, invertendo il processo di “allargamento” caro alle ambizioni dell’UE. E mentre ad est Putin e l”intellighentia russa pongono le basi per la transizione finale verso un mondo veramente multipolare, il tramonto dell’Occidente appare ormai come un fatto storico.
 
Putin vince perché possiede lui solo un’articolata “geosofia” , cioè una comprensione profonda di tutto ciò che accade intorno a lui e alla Russia. Comprende, senza dubbio, che l’Eurasia non è soltanto un capriccio o una fantasia degli analisti, ed è invece uno spazio vitale, uno spazio naturale, l’emanazione orizzontale di ciò che il Mediterraneo fu verticalmente per una delle più grandi potenze della storia.
 
 
La forza geostrategica della Russia
La Siria, l’Iran, lo hanno confermato: la forza geostrategica della Russia in Asia è cresciuta a grandi passi e si è rivelata in tutta la sua dimensione nella difesa dei propri alleati con una determinazione, politica e diplomatica, che fin ora solo gli Stati Uniti avevano osato in campo internazionale. Il veto al Consiglio di Sicurezza ONU contro un attacco diretto al governo siriano di Bashar Al-Assad, e la difesa dell’Iran contro le promesse di guerra di Israele e USA,  sono stati fondamentali per la preservazione di una pace sofferta, dove nel caso contrario, un focolaio di guerra avrebbe incendiato in modo devastante tutto il Medio Oriente.

 Volendo poi inquadrare l’annessione della Crimea in un piano strategico più ampio potremmo dire che una delle determinanti per la costituzione di una nuova polarità sia proprio il tentativo di ricostruzione dello spazio post-sovietico. Putin sembrerebbe aver interpretato in maniera ottimale il rinato fascino per i fasti dell’ “impero sovietico” e di quello russo, ricostruendo un’identità nazionale basata sui principi di patria, internazionalismo e risolutezza.
 
La forza geoeconomica della Russia
 
Nella ricostruzione di questo spazio, che ben si sposa con l’idea di “integrazione euroasiatica”, si inserisce l’unione doganale ed economica con la Bielorussia e il Kazakistan, paese-guida dell’altopiano turcico, che per merito del suo presidente Nazarbayev ha coinvolto nell’accordo le nazioni del Kirghizistan, dell’Uzbekistan e del Tagikistan. Porre le repubbliche del Turkestan sotto la propria protezione è un segnale forte della leadership interregionale del Cremlino. È superfluo dire che la Bielorussia, che punta ad un futuro ricongiungimento con la Russia, abbia con essa un rapporto privilegiato e che l’Unione economica Euroasiatica sia l’evoluzione della precedente Unione Russia-Bielorussia.

 Ma la rinnovata potenza economica russa, che ha risollevato il paese dalla disastrosa Era-Eltsin, passa come è noto dalla grande esportazione di gas naturale, per il quale l’Europa è quasi totalmente dipendente da Mosca. Ed è proprio per tutelare i propri interessi economici, e al tempo stesso per contrastare lo strapotere economico dei paesi produttori di petrolio dell’OPEC, che negli ultimi anni Vladimir Putin, e altri leaders come Hugo Chavez e Mohammed Ahmadinejad hanno sostenuto la collaborazione dei loro paesi all’interno del GECF (Gas Exporting Country Forum), l’organizzazione dei paesi esportatori di gas. Russia, Venezuela ed Iran. Tre paesi politicamente ed economicamente affini.
 
La forza geopolitica della Russia
 
Ma non solo. L’Iran ormai è un alleato strategico per la Russia sotto tutti i punti di vista. Entrambi sono stati e sono tutt’ora i maggiori sostenitori di Assad e del suo diritto a governare la Siria. Tramite l’Iran la Russia mantiene i suoi rapporti con il Medio Oriente, mentre il Venezuela è stato, per voce del compianto presidente Chavez, il collegamento tra Putin e l’America Latina apertamente critica e in contrasto con il nordatlantismo. Un multipolarismo che non sia “imperfetto” ma che superi questa fase di transito verso un assetto definitivo ed efficace ha sicuramente bisogno che l’America Latina, più specificatamente l’Alleanza Bolivariana per le Americhe, giochi il suo ruolo nel futuro scenario geopolitico e che il Bolivarismo affianchi l’Euroasiatismo dei paesi dell’Heartland (Mackinder docet) come uno dei nuovi riferimenti ideologici del terzo millennio. Se nell’Euroasiatismo diviene centrale il tema di una Restauratio imperii dei confini naturali e spirituali di una regione, il riscatto sociale e l’autonomia sono la base, terrena ma per niente scontata, del Bolivarismo, che ha trasformato il SudAmerica da un povero continente coloniale sfruttato e depredato ad una potenza emergente fortemente identitaria. In questo contesto il Brasile ha potuto guadagnarsi il titolo di gigante latino e quello di sedersi al tavolo economico dei BRICS con Russia, India, Cina e SudAfrica; l’Argentina di Cristina Kirchner ha offerto a Putin la possibilità d’installazione di basi russe nel suo territorio. Siamo evidentemente ad una svolta. In uno di quei periodi storici in cui l’occasione è ghiotta per sovvertire e ristabilire gli equilibri del mondo. All’indomani dell’esclusione della Russia dal G8 come sanzione per la vicenda che riguarda la Crimea, il saggista iraniano residente in Italia.

Ali Reza Jalali ha avanzato l’ipotesi e la provocazione che la Russia formi un G8 alternativo insieme agli stessi paesi dei BRICS che sia a sua volta anche un potenziamento del NAM, il movimento dei paesi non-allineati di cui l’Iran fu proprio il fondatore e che ora detiene la segreteria generale.
I BRICS piú l’Iran dunque, e forse l’Argentina e forse una potenza nucleare come il Pakistan. Senza dimenticarsi dell’esistenza di un forum di cooperazione come l’Organizzazione di Shangai costituito nel 2001 dalla Cina in aggiunta ai paesi dell’attuale Unione Economica Euroasiatica tranne la Bielorussia (Russia e i 4 paesi del Turkestan) e di cui Afghanistan, Pakistan, Iran e Mongolia svolgono il ruolo di osservatori. I temi centrali del gruppo spaziano da quello energetico a quello nucleare fino alla questione di una cultura condivisa. D’altronde, le sinergie tra le diverse organizzazioni istituzionali nei vari campi d’azione concessi (economico, militare, politico, culturale) sono un’arma di grande prospettiva per la definizione di un’ Area che faccia da contrappeso al pensiero atlantista.
 
Nonostante le ultime vittorie elettorali riportate in Europa da movimenti euro-scettici, Putin non crederà di certo ad un’asse Parigi-Berlino-Mosca come sognano i nazionalisti francesi, nè è tanto sciocco da credere che la storia lo giudicherà meno severamente di quanto non farà con i suoi “partners occidentali”. Ma Putin, i russi, e anche noi, sappiamo che la creazione di un mondo multipolare, passando anche per conflitti e strategie, è l’unica chiave per una pace duratura, e l’unico contropotere contro la guerra illimitata delle forze atlantiste e liberali e la loro ambizione di un dominio globale.
 

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