sabato 6 luglio 2013

Ali Reza Jalali sugli ultimi avvenimenti egiziani "Mursi non ha voluto o potuto intraprendere cambiamenti concreti!"

http://palaestinafelix.blogspot.it/2013/07/le-riflessioni-di-ali-reza-jalali-sugli.html




Vi sono ancora troppe incognite nel nuovo corso degli eventi in Egitto, dopo il colpo di stato che ha messo fuori gioco il presidente Morsi, e anche le opinioni degli analisti sono contrastanti. I dati certi al momento sono: l'esercito, che ha sempre avuto in mano il potere effettivo nelle questioni strategiche, dai tempi di Nasser in poi, ha deciso di prendere in mano anche il potere formale, direttamente. I Fratelli Musulmani rischiano così un nuovo periodo di marginalizzazione dal potere politico del Cairo, andando in contro ad una seria sconfitta anche nella regione, considerando il fallimento del piano riconducibile alla caduta di Assad in Siria, dove la Fratellanza aveva il ruolo politico più importante nell'opposizione al governo damasceno. 

In Palestina il tutto costringerà, considerando anche il ridimensionamento del prestigio di Erdogan per le note proteste in Turchia, il movimento Hamas, a un nuovo riposizionamento, e quindi, presumibilmente, a supplicare una riappacificazione con l'Asse della Resistenza (considerando anche la transizione al potere in Qatar). Morale della favola: l'asse antisiriano mediorientale, Turchia-Qatar-Fratelli Musulmani ha subito in poche settimane un serio smacco, non di certo ostacolato dagli stessi USA, che dopo aver "usato", come spesso fanno, i loro "alleati", poi li sacrificano. Il problema è il seguente: non si può avere la pretesa che i nordamericani abbiano un approccio più "umano", ma possiamo avere la pretesa di un atteggiamento più lungimirante da parte dei leader politici del Medio Oriente. 

Anche se, ci rendiamo conto, che dato il materiale umano a disposizione, le nostre speranze potrebbero rivelarsi vane.

La dirigenza araba del dopo "primavere", si è dimostrata, tutto sommato, in continuità con i politici che l'aveva preceduta. In Egitto ad esempio, tutto quello che ha fatto Morsi, è stato quello di non fare nulla. Nessuna riapertura del valico di Rafah in modo permanente per consentire alla popolazione assediata di Gaza di respirare. Addirittura il blocco del valico è continuato anche nel periodo in cui, nel novembre dell'anno scorso, Israele lanciò un pesante attacco contro la Striscia, esattamente come aveva fatto Mubarak nel periodo 2008-2009. In un anno di potere in mano, Morsi ha cercato di barcamenarsi, ma non è riuscito, o forse non ha voluto compiere concretamente passi verso il cambiamento. Le sue posizioni sulla crisi siriana hanno destato molte perplessità e addirittura la decisione di troncare i rapporti diplomatici con Damasco, nel pieno di una offensiva dell'esercito di Assad per riconquistare alcune zone strategiche del paese in mano ai ribelli, ormai in chiara difficoltà, è sembrato un gesto molto goffo. 

La situazione economica dell'Egitto è poi peggiorata molto nel corso degli ultimi due anni, in un paese che dipende molto dal turismo, i viaggi degli stranieri, per ovvi motivi legati all'instabilità politica, sono diminuiti. Anche ciò ha avuto molto peso nelle proteste popolari contro Morsi, ma senza l'intervento dell'esercito, non vi sarebbe stata una caduta così rapida del presidente islamista. La Fratellanza Musulmana sembrava destinata a giocare un ruolo importante dopo la caduta di Mubarak e degli altri leader della regione. Dobbiamo essere onesti su questo punto: se i FM invece di allinearsi alle posizioni occidentali su molti temi, come la Siria, e la totale indifferenza sulla questione di Gaza, ripresa solo a parole (ma le parole venivano spese anche da Mubarak e dagli altri, la gente chiedeva azioni concrete, non chiacchere), forse ora, invece di una certa indifferenza popolare nei confronti della caduta di Morsi, vi sarebbero milioni di persone in piazza a difendere il loro leader, democraticamente eletto. E invece c'è il deserto o quasi. Morsi, grazie ai suoi errori e all'eccessivo conservatorismo della Fratellanza, ha perso tutto il consenso che poteva esserci per lui e il suo movimento politico. 

All'indomani della caduta di Mubarak, alcuni leader di rilievo dell'Ikhwan si recarono a Tehran, dall'Ayatollah Khamenei. In quell'occasione la Guida iraniana disse loro: "Esistono due tipi di musulmani: quelli che ritengono l'America molto potente, molto ricca, molto influente, e che quindi ritengono impossibile ed inutile un confronto con questa potenza; essi si mettono l'anima in pace e cedono dinnanzi alle pretese degli statunitensi. Vi è però un'altra categoria di musulmani. Questi ultimi pur ritenendo l'America molto potente, molto ricca e molto influente, pensano che in ogni caso, la potenza americana non sia superiore a quella di Dio. In questo modo essi assumono autoconvincimento e riescono a resistere, ricordando la grandezza divina, ad eventuali pretese eccessive degli USA". Il grido "Allah Akbar" (Dio è Grande) era sulla bocca dei Fratelli Musulmani, ma evidentemente nei loro cuori lo slogan più forte era: "Amrika Akbar" (l'America è grande). 
In ogni caso ora la situazione è molto complicata e bisognerà vedere dopo la transizione militare, l'esercito chi accetterà al potere; in questi giorno si è fatto il nome di El Baradei, che ha alle spalle alcuni gruppi liberali, nazionalisti, anche taluni islamisti (questi giorni in Piazza Tahrir vi erano anche alcuni piccoli gruppi sciiti a protestare contro Morsi), senza dimenticare però i fans di Mubarak, sempre pronti al reintegro, ammesso e non concesso che ci sia stata una vera defenestrazione degli uomini dell'ex rais.  

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